Il vecchio dibattito sull’abolizione del numero chiuso alla facoltà di medicina
È da ormai più di un mese che il Presidente della Campania, Vincenzo De Luca, ha annunciato pubblicamente la sua personale battaglia per abolire definitivamente i Test a numero chiuso per l’accesso alla facoltà di Medicina, da lui stesso definiti “un marchettificio gestito da corporazioni universitarie e mediche”. Attraverso i suoi canali social, che ad oggi contano oltre 173.4k follower su tiktok, sono diventati virali i suoi discorsi, dove con un linguaggio piuttosto colorito, ma senza dubbio efficace, mette in ridicolo i quiz a cui gli studenti sono chiamati a rispondere. Domande che, anche all’ascoltatore più distratto e ai non addetti ai lavori, strapperebbero una sincera risata e sembrerebbero avere poco o nulla a che fare con le materie riguardanti la medicina, ma che piuttosto si limitano ad interrogare i candidati sulla paternità dell’invenzione di un noto gelato alla vaniglia oppure sul significato della parola grattachecca.
Ma come e quando è nato il test a numero chiuso?
Possiamo far risalire la storia del numero chiuso già ai primi del 900′, quando la facoltà di Medicina poteva essere frequentata solo dai diplomati in materie classiche. Dopo il 1923 fu consentito l’accesso in facoltà anche agli studenti provenienti dal liceo scientifico. Il cambiamento radicale si ebbe però solo nel 1969, anno in cui fu data la possibilità a tutti i diplomati, senza distinzione di diploma, di frequentare la facoltà di Medicina. Questa decisione portò come conseguenza un aumento del numero di medici, molto più alto rispetto alla reale richiesta di personale medico disponibile che portò, di contro, ad un considerevole aumento della disoccupazione. Fu solo nel 1987, tramite apposito decreto dell’allora ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Ortensio Zecchino, che venne approvato il numero chiuso per la facoltà di Medicina. Se con l’introduzione del numero chiuso si mirava alla salvaguardia della qualità formativa e a pianificare un numero congruo tra medici e posti di lavoro, i ricorsi non tardarono ad arrivare, tanto che nel 1999 tale decreto ministeriale fu approvato poi per legge con l’ok della Corte Costituzionale nel 2013.
Abbiamo parlato della sua storia ma cos’è davvero il numero chiuso?
Quando si fa riferimento al “numero chiuso”, si parla nello specifico di tutte quelle facoltà che prevedono un numero limitato di studenti che possono accedere ai corsi tramite il superamento o meno di un test d’ingresso basato sulle materie che verranno poi trattate negli anni di studio successivi. Distinguiamo poi due categorie di numero chiuso:
-le facoltà a numero chiuso locale, dove il giorno e le modalità del test vengono stabilite in maniera autonoma dall’Ateneo stesso;
– le facoltà con accesso programmato nazionale, dove invece la data e la modalità sono stabilite dal Ministero dell’istruzione e le prove sono regolamentate con apposito decreto ministeriale.
I pro e i contro
Pro
le domande a risposta multipla permettono di avere un quadro oggettivo della preparazione dello studente;
– il numero di medici è senza dubbio più coerente al reale numero di posti di lavoro disponibili;
– gli studenti stessi hanno la possibilità di usufruire al meglio delle strutture e dei laboratori universitari secondo la capienza degli stessi;
Contro
-valutare una persona tramite un singolo test può essere limitante;
– avere un maggiore numero di laureati in epoche come la nostra potrebbe essere ottimale.
Quest’ultimo punto nello specifico risulta essere ad oggi ancora più dibattuto dopo i due anni pandemici che hanno messo in evidenza la mancanza di medici con la necessità spesso di dover ricorrere anche a medici già in pensione, o al sovraccarico con turni estenuanti dei medici in attivo. Chissà se l’attuale ministro dell’Istruzione e del Merito, il Professor Valditara, resterà nel solco del numero chiuso o aprirà la strada ad un “libera tutti”.
Numero chiuso da abolire!